Il Cittascopio

Agrigento

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Bisognerebbe proprio perdersi nella “Valle dei templi”Maps-icon-small ( dal 1997 tra i Patrimoni dell’Umanità dall’UNESCO) dell’incantevole “Città dei templi”: AgrigentoMaps-icon-small. Bisognerebbe perdersi per prendersi tutto il tempo di assorbire la bellezza di luoghi fermati dal e nel tempo, poter fantasticare nell’immaginarli vissuti, scenari di vite lontane. “Dalla finestra vediamo il vasto e dolce pendio dell’antica città tutto giardini e vigneti” – scriveva Goethe in “Viaggio in Italia” ed ancora: “ sotto il folto verde s’indovina appena qualche traccia dei grandi e popolosi quartieri della città di un tempo”.

Il sito archeologico, probabilmente il più vasto al mondo, risalente al periodo ellenico, contempla i resti di ben dieci templi, tre santuari e una grande concentrazione di necropoli. Inoltre, ci sono anche vari opere idrauliche, fortificazioni, parte di un quartiere e due agorà: quella superiore e quella inferiore, oltre ad una “sala del consiglio” di epoca romana. Un mix, difficilmente rintracciabile altrove, quello che è in grado di offrire “Akragas” tra gli spazi della vita pubblica, politica e la quotidianità di una vita che tra questi luoghi scorreva tra le consuetudine delle civiltà di orgine.

Tempio della Concordia – ©bopennigs/pixabay.com

Il “Tempio della Concordia” quello meglio conservato; il “Tempio di Zeus Olimpio”, il più grande della Magna Grecia; il “Tempio di Giunone” quello in cui solitamente si celebravano le nozze; il “Tempio di Esculapio”, luogo di pellegrinaggio dei malati in ricerca di guarigione; il “Tempio di Demetra” attraverso la cui scalinata si giunge al sottostante santuario completamente scavato all’interno della roccia. Quest’ultimo tempio è uno dei più vicini ad un altro sito archeologico importante ed estremamente suggestivo la “Rupe Atenea”. Si tratta del punto più alto dell’antica città di Akragas, su cui sono stati ritrovati anche resti di un antico frantoio.

La Valle dei Templi, inoltre, ospita la cosiddetta “Tomba di Terone”, un monumento di tufo di notevoli dimensioni a forma di piramide, che si pensa eretto per ricordare i caduti

Tempio Giunone ©Scalli/pixabay.com

della seconda guerra punica.

Agrigento, un po’ come tutta la Sicilia, è una città in cui leggenda e mito si intrecciano in una trama fitta che intessono un’atmosfera di grande

Carretto siciliano-©claudia pergamo/flickr.com

trasporto verso quelle storie che animano i luoghi. Ogni anno, ad esempio, in una città ammantata di bianco, si svolge, in primavera, la “Festa del Mandorlo in fiore”, che richiama alla mente la leggenda innestata sulla storia d’amore dei giovani Acamanete, figlio di Teseo e Fedra, e Fillide, principessa della Tracia. A dieci anni dalla partenza per la guerra di Troia, Fillide, disperata per il non ritorno, insieme agli altri superstiti, del suo innamorato, la principessa si tolse la vita e la Dea Atena, impietositasi per la tragedia, la trasformò in un mandorlo. Acamante, non era morto, semplicemente rimpatriò tardivamente e quando seppe, piangente, abbracciò l’albero che, come a voler ricambiare l’amore del gesto, lasciò germogliare fiori bianchi al posto delle foglie che fino a quel momento avevano arricchito i suoi rami.

La natura, appare chiaro, avere un ruolo centrale nella scoperta delle bellezze agrigentine. E’imperdibile il giardino della Kolymbethra, un angolo di paradiso nel cuore della Valle dei Templi, tra il “Tempio di Castore e Polluce” ed il “Tempio di Vulcano” , cinque ettari tra macchia mediterranea e agrumeti, da cui si espandono sublimi profumi di limoni, mandarini, ed ancora gelsi, carrubi, fichi d’india, mandorlie e giganteschi olivi “saraceni”.

Sarebbe, inoltre, quanto meno sciocco, in qualsiasi momento dell’anno ci si trovi in terra sicula, non farsi almeno una passeggiata in spiaggia: l’isola,

©Darold Massaro/flickr.com

punta dello Stivale è, indubbiamente, una terra che il sole ce l’ha dentro, soprattutto quando, consapevolmente, ti inchini alla sua cucina e ti arrendi ai chili di troppo che “devi necessariamente” ( e scherzosamente!) accumulurare per assaggiare tutte le prelibatezze della tradizione locale. Non vuoi fare uno spuntino con un “Arancino”? O chiudere un pranzo, o aprire una merenda, con un “Cannolo”? E poi pasti in riva al mare tra trionfi di “Cozze gratinate”, “Involtini di pesce spada”, “Sarde a beccafico”, “Cotoletta di sgombro”, ma anche “Carne murata”, “Cotolette all’aceto”, “Polpette di finocchietto” e chi più ne ha più ne metta!?

C’è solo l’imbarazzo della scelta rispetto a quale pagina della città scegliere di leggere: se quella storica, quella paesaggistica e naturalistica, prettamente vacanziera e rilassante, culinaria, ma difficilmente si potrà rimanere delusi da un’esperienza “mistica” di odori, sapori e colori senza tempo, che si combinando in immagini indimenticabili, come l’incantevole cartolina di un tramonto nella Valle dei Templi.

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